Richieste disattese al governatore
Poiché la situazione stava peggiorando, i decurioni chiesero al governatore Spinola la sospensione dell’obbligo di pagare i tributi. Il governatore a questa proposta rispose in maniera evasiva facendo le sue condoglianze e dicendo di non poter far nulla, in quanto era impegnato nell’assedio di Casale. Dopo poco tempo Spinola affidò la questione della peste al cancelliere Ferrer, sempre perché era preso dalla guerra. La guerra si concluse, dopo devastazioni e saccheggi, con il riconoscimento del nuovo duca, Carlo di Nevers.
Si chiede una processione
Intanto i decurioni pregano il cardinale Borromeo di indire una processione. Quest’ultimo rifiuta per varie ragioni, sia perché crede che l’affollarsi di tanta gente possa favorire il diffondersi dell’epidemia, sia per la paura degli untori. Infatti, la gente vede unzioni ovunque, si arrivava perfino a descrivere la composizione del veleno usato. Si diffonde anche il termine “untore” e tutti stanno allerta per scoprirne uno.
Caccia agli untori
Della caccia agli untori il Manzoni ci riporta due esempi: il primo accadde nella chiesa di sant’Antonio, dove vi era un vecchietto che stava spolverando una panca per sedersi. Il vecchio fu linciato da una folla inferocita. Il secondo, invece, riguarda tre artisti francesi, venuti in Italia per studiare le antichità. I tre mentre osservavano e toccavano gli intagli del duomo, vennero aggrediti, trascinati dalla folla in carcere e dimessi, perché riconosciuti innocenti. La stessa furia si diffonde nelle campagne, dove vengono aggrediti anche coloro che si riposano o che girono oziosamente.
Insistenze sul cardinale
Intanto i decurioni continuano a chiedere al cardinale una processione. Quest’ultimo accetta dopo varie esitazioni e acconsente anche che le reliquie di san Carlo stiano esposte, dopo la processione, per otto giorni sull’altare maggiore del duomo. Nessuna autorità si oppone e il tribunale della sanità si limita a dare delle precauzioni, chiudere la città ai forestieri e sbarrare le case sequestrate.
La processione
L’11 giugno avvenne la processione, alla quale parteciparono il popolo, i nobili, i magistrati, il cardinale. Le case dei cittadini erano decorate a festa e tutti si affacciavano dalle finestre per osservare la cerimonia. Il corteo attraversò tutta la città, passò nei quadrivi, dove san Carlo aveva fatto erigere delle croci durante la peste precedente. La processione termina nel duomo dopo mezzogiorno.
Aumento della mortalità
Dopo la processione il tasso di mortalità crebbe in maniera repentina. La mortalità arrivò ad oltre 500 al giorno e poi ad oltre 1500. Il lazzaretto era colmo di moribondi e i decurioni dovevano affrontare difficoltà enormi. Una tra queste era sostituire i “serventi pubblici”, i quali erano divisi in: monatti che avevano il compito di seppellire i cadaveri e portare i malati al lazzaretto, gli apparitori che precedono il carro dei monatti per avvisare i cittadini con un campanello del loro arrivo, infine vi erano i commissari, i quali sovraintendevano a tutte le operazioni. Poi, i decurioni dovevano garantire la presenza di medici e chirurghi nel lazzaretto e far giungere medicinali e alimenti. Infine dovevano provvedere alla costruzione di nuovi edifici per ospitare i malati e fecero costruire delle capanne all’esterno del lazzaretto.
Importanza delle autorità
La situazione peggiorava di giorno in giorno. I bambini venivano abbandonati dopo la morte delle loro madri, scarseggiavano viveri, dottori e medicinali, le fosse comuni erano stracolme. I decurioni chiedono allora aiuto a padre Michele, il quale arruolò duecento contadini dalle campagne e riuscì a far ripulire la città di tutti i corpi in quattro giorni. In questa situazione tragica si vedono anche opere di carità: gli ecclesiastici offrivano assistenza, non solo spirituale, ai malati e ai morenti. Gli otto noni di essi morirono a causa del contagio. Il cardinale Borromeo, nonostante le autorità lo supplicano, non si allontana dalla città. Egli esorta i parroci, assiste i malati dando loro conforto, affronta i pericoli del contagio e porta soccorso ai poveri.
Aumento della perversità e del delirio
Ma accanto a queste opere di carità troviamo atti di scelleratezza orribili. I delinquenti saccheggiano le case di coloro che non sono più in vita, minacciando le famiglie. I monatti e gli apparitori lasciavano cadere oggetti infetti per favorire il contagio e avere più lavoro. Aumenta anche il delirio, con le confessioni degli appestati che si accusavano di essere untori e i racconti di visioni diaboliche. A tale proposito si diffondono delle storie popolari. Tra queste troviamo quella di un tale che sostiene di aver visto una carrozza arrivare al duomo. Su di essa si trova un tizio con il volto infocato e i capelli irti, il quale lo invita a salire. Il tale accetta e viene portato in un palazzo popolato da fantasmi. Qui gli vengono offerte enormi ricchezze a patto che accetti di ungere la città; al suo rifiuto si ritrova nel duomo.
Ipotesi dei dotti
Anche i dotti iniziarono a farneticare, vedendo in due comete e in una congiunzione di Saturno con Giove avvenuta nel 1630 l’annuncio e la causa della peste. Essi citavano, anche alcuni poeti latini e greci, i quali avevano trattano nelle loro opere di polveri e di unzioni. Tra questi vi era Delrio, le cui “Disquisizioni Magiche” sono state il fondamento di tutte le opere giudiziarie contro maghi e streghe. Perfino i medici più esperti, come il Tadino, iniziarono a credere alle unzioni, portando prove assurde della loro convinzione. Inoltre, anche il cardinale Borromeo ebbe qualche dubbio e ammise di credere alle unzioni. Bisogna dire che tra i credenti vi erano anche coloro che pensavano che si trattasse d’immaginazione, ma non manifestavano la loro incredulità guardandosi bene dall’affrontare il delirio della moltitudine.
Azioni dei magistrati
I magistrati, ormai confusi, indirizzano le loro energie residue nella caccia agli untori. il cancelliere scrive al governatore di aver fatto perquisire la villa di campagna dei fratelli Monti, in quanto si credeva che in essa veniva fabbricato del veleno. In un altro caso alcune autorità credevano di aver trovato le prove dell’unzione. A questa scoperta segue un processo a Milano. Dopo di esso ce ne furono altri a Ginevra e in Italia, conclusi con la tortura e l’esecuzione capitale dei presunti untori.
Sequenza |
Tempo |
Luogo |
Personaggi |
Argomento |
515 |
narrativa |
4 maggio 1630 |
Milano |
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i decurioni decidono di ricorrere al governatore |
516 |
narrativa |
22 maggio 1630 |
campo sotto Casale |
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due decurioni presentano al governatore una richiesta di intervento |
517 |
narrativa |
giorni successivi |
Milano |
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una lettera del governatore ai decurioni contiene solo condoglianze ed esortazioni |
518 |
narrativa |
giorni successivi |
stesso luogo |
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il cancelliere Ferrer risponde al governatore sottolineando la delusione la delusione per la sua lettera |
519 |
narrativa |
qualche tempo dopo |
stesso luogo |
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il governatore trasferisce al cancelliere ogni sua autorità per l'emergenza della peste |
520 |
narrativa |
stesso periodo |
stesso luogo |
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i decurioni chiedono al cardinale Borromeo di indire una processione col corpo di san Carlo |
521 |
narrativa |
stesso periodo |
stesso luogo |
|
il cardinale Borromeo rifiuta |
522 |
narrativa descrittiva |
stesso periodo |
stesso luogo |
|
si trovano ancora muri e porte unti; si crede alle unzioni piuttosto che a cause naturali della peste |
523 |
narrativa |
stesso periodo |
chiesa di sant'Antonio a Milano |
|
un vecchio che spolvera una panca è linciato dalla folla |
524 |
narrativa |
giorno successivo |
esterno del duomo di Milano |
|
tre giovani francesi, studenti d'arte, che esaminano l'esterno del duomo, vengono malmenati dalla folla e trascinati alle carceri; riconosciuti innocenti sono rilasciati |
525 |
narrativa descrittiva |
stesso periodo |
contado di Milano |
|
aggressioni nelle campagne contro presunti untori |
526 |
narrativa |
poco dopo la 510 |
Milano |
|
i decurioni insistono col cardinale per ottenere la processione |
527 |
narrativa |
qualche giorno dopo |
stesso luogo |
|
il cardinale Borromeo acconsente |
528 |
narrativa |
8-10 giugno 1630 |
stesso luogo |
|
preparativi per la processione |
529 |
narrativa descrittiva |
11 giugno 1630 |
stesso luogo |
|
solenne processione in onore di san Carlo |
530 |
narrativa |
12 giugno 1630 |
stesso luogo |
|
il forte aumento delle morti è messo in relazione con la processione, ma la causa è attribuita agli untori |
531 |
narrativa descrittiva |
periodo successivo |
stesso luogo |
|
crescita del contagio, dei ricoveri al lazzaretto, dei morti; decimazione della popolazione |
532 |
narrativa descrittiva |
stesso periodo |
stesso luogo |
|
gravi difficoltà dei decurioni; creazione del corpo dei monatti, degli apparitori e dei commissari; impossibilità di soddisfare tutte le necessità |
533 |
narrativa |
stesso periodo |
stesso luogo |
|
il tribunale della sanità incarica i cappuccini di provvedere alla sgombero dei cadaveri; padre Michele Pozzobonelli con duecento contadini lo esegue in quattro giorni |
534 |
narrativa descrittiva |
stesso periodo |
stesso luogo |
|
mancanza di medici e di cibi nel lazzaretto; sussidi dalla carità privata |
535 |
narrativa descrittiva |
stesso periodo |
stesso luogo |
|
abnegazione degli ecclesiastici; morte degli 8/9 dei parroci |
536 |
narrativa descrittiva |
stesso periodo |
stesso luogo |
|
impegno caritativo del cardinale Borromeo |
537 |
narrativa descrittiva |
stesso periodo |
stesso luogo |
|
aumento della criminalità, anche tra monatti e nella forza pubblica; perdita dei vincoli sociali; diffusione della follia |
538 |
narrativa |
stesso periodo |
stesso luogo |
|
aneddoto dell'uomo trascinato nel palazzo del demonio, a cui viene chiesto di ungere la città |
539 |
descrittiva |
stesso periodo |
stesso luogo |
|
alcuni dotti attribuiscono la peste a due comete e alla congiunzione di Saturno con Giove; fonti letterarie di tale opinione |
540 |
descrittiva |
stesso periodo |
stesso luogo |
|
anche medici come il Tadino che s'erano battuti per l'idea del contagio, accettano la teoria delle unzioni |
541 |
descrittiva |
stesso periodo |
stesso luogo |
|
anche il cardinale Borromeo crede alle unzioni |
542 |
descrittiva |
stesso periodo |
stesso luogo |
|
pochi continuano a credere che l'idea delle unzioni sia una sciocchezza |
543 |
narrativa descrittiva |
stesso periodo |
stesso luogo |
|
smarrimento dei magistrati; il cancelliere ordina la perquisizione della villa dei fratelli Monti, sospettati di avere un laboratorio per gli unguenti, ma essa dà esito negativo |
544 |
narrativa descrittiva |
periodo dal 1526 al 1630 |
Milano e altre città |
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cenno a numerosi processi contro presunti untori e in particolare a quello di Milano narrato nella Storia della colonna infame |