La peste entra nel milanese
La peste, preannunciata dal tribunale della sanità, arriva nel milanese con il passaggio delle truppe tedesche. Essa si diffuse ovunque e spopolò molti paesi dell’Italia. Il Manzoni, dunque, mette in risalto i problemi incontrati nella ricostruzione di quegli eventi dalle cronache dell’epoca. I primi sintomi della peste si manifestarono in tutti i territori attraversati dai lanzichenecchi, dove si scoprono cadaveri. Vi furono delle morti improvvise, dovute a mali violenti e strani che nessuno sapeve spiegare. Tutti, tranne i sopravissuti alla peste del 1576, chiamata peste di San Carlo per la grande opera di carità che fece l’arcivescovo in quella circostanza. Il 20 ottobre del 1629 il protofisico Lodovico Settala avvisa il tribunale della sanità di una morte sospetta a Chiuso. Inizialmente, il tribunale non prende dei provvedimenti. Solo dopo altre segnalazioni giunte da Lecco e Bellano invia una commissione, la quale si lascia convincere da un barbiere di Bellano che non si tratta di peste.
Il diffondersi della peste
Ma continuano ad arrivare notizie di morti improvvise da diverse zone ed il tribunale della sanità incaricò il medico Alessandro Tadino e un auditore del tribunale di indagare sulla vicenda. I due trovarono la malattia ampiamente diffusa nel territorio da Lecco all’Adda, ma anche stavolta non vennero presi dei provvedimenti adeguati. Il 30 ottobre il tribunale della sanità, ricevendo la relazione di Tadino e dell’auditore, emana una grida, la quale stabilisce la consegna di bullette (tessere sanitarie) per impedire l’arrivo a Milano delle persone di quel luogo. Il 14 novembre il tribunale incaricò il medico di esporre i fatti al governatore Spinola, il quale rispose che gli dispiaceva ma i pensieri della guerra erano più importanti.
Nessuno prende precauzioni
Anche la popolazione milanese non prende alcun provvedimento, pensando che non si trattasse di peste ma di disagi dovuti alla carestia dell’anno precedente. Questa convinzione prevalse anche in senato, nel Consiglio dei decurioni e in tutti i magistrati. Solo il cardinale Borromeo ordinò ai parroci di ammonire i fedeli e segnalare ogni caso sospetto.
Tutti i membri del tribunale dellla sanità, ad eccezione del Settala e del Tadino, sono molto lenti a muoversi: la prescrizione della bullette, deliberata il 30 ottobre, viene pubblicata quando ormai la peste si era diffusa a Milano, il 29 novembre.
Chi ha portato la peste
Il Tadino ed il Ripamonti cercarono di indagare chi avesse portato la peste in città ed ignorando le migliaia di morti di cui non era rimasta traccia, giungono a opinioni discordanti. Secondo il Tadino , l’untore è Pietro Antonio Lovato entrato a Milano il 22 ottobre mentre per il Ripamoni fu Pier Paolo Locati entrato il 22 novembre. Per entrambi, l’untore fu un soldato italiano al servizio della Spagna; entrato in città con un carico di abiti comprati o rubati ai tedeschi , aveva preso alloggio presso alcuni parenti di porta orientale. Subito dopo essersi ammalato, viene ricoverato e dopo la morte, gli si scopre un bubbone sotto l’ascella.
Il tribunale della sanità prende provvedimenti, sequestrando i parenti del defunto in casa e bruciando abiti e il letto dell’ospedale, ma si ammalano le persone che lo avevano curato. Mentre si blocca il contagio in ospedale, la malattia comincia a diffondersi, poiché alcuni oggetti del soldato vengono rubati nonostante la prescrizione del tribunale imponesse che vennissero bruciati.
La peste cova lentamente fino al marzo del 1630, con casi sporadici di morte.
Lazzaretto affidato ai cappuccini
Il lazzaretto si va riempiendo di malati e bisogna assicurare l’assistenza e i servizi, ma il tribunale della sanità non sapendo far di meglio affida quel luogo ai cappuccini sotto l’eroica guida di padre Felice Casati, coadiuvato dal giovane padre Michele Pozzobonelli, noto per la severità d’animo.
Il popolo caparbio, pur di negare la peste, va cercando altre cause della malattia e si cominciò a parlare di gente, untori, interessata a spargere la malattia con veleni. Si diffondevano voci che era stato unto il duomo ed il giorno dopo furono trovate le porte ed i muri della città con sudiceria giallognola-biancastra, come se fosse stata sparsa con delle spugne.
Vennero fatti arresti, interrogatori e processi che misero sottosopra la città. Non trovando alcun colpevole, nasce il sospetto che fosse una vendetta di don Gonzalo, un piano diabolico del cardinale Richelieu e così via.
Espediente del tribunale della sanità
Visto che in parecchi non volevano ancora ammettere chela peste ci fosse, il tribunale usò uno stratagemma per far arrendere anche i più scettici alla dura realtà: furono fatti portare, su di un carro scoperto, i cadaveri ignudi di un’intera famiglia morta di contagio al cimitero di san Gregorio fuori Porta Orientale. Grida di ribrezzo e di orrore si levavano al passaggio di quel macabro convoglio: la peste fu creduta, ma ormai il male dilagava inesorabile.
Sequenza |
Tempo |
Luogo |
Personaggi |
Argomento |
473 |
descrittiva |
1629 |
Milano e Lombardia spagnola |
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excursus sulla peste; problemi storiografici della ricostruzione |
474 |
narrativa |
20 ottobre 1629 |
Milano |
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Lodovico Settala segnala un caso sospetto a Chiuso |
475 |
narrativa |
giorni seguenti |
Milano |
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altri casi segnalati a Lecco e Bellano |
476 |
narrativa |
giorni seguenti |
zona di Lecco e Bellano |
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un commissario e un medico inviati sul posto segnalano che non c'è pericolo |
477 |
narrativa |
giorni seguenti |
Milano |
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vengono segnalati altri casi in altre zone |
478 |
narrativa |
giorni seguenti |
zona tra Lecco e l'Adda |
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il Tadino e un funzionario percorrono il territorio tra Lecco e l'Adda e trovano le prove che il contagio è diffuso |
479 |
narrativa |
30 ottobre 1629 |
Milano |
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il tribunale della sanità riceve la loro relazione e prescrive le tessere sanitarie per impedire l'ingresso a Milano delle persone provenienti dai territori contagiati |
480 |
narrativa |
14 novembre 1629 |
Milano |
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il Tadino e il funzionario, rientrati a Milano, relazionano al tribunale della sanità |
481 |
narrativa |
giorni seguenti |
Milano |
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i due si presentano al governatore per esporgli la situazione, ma ricevono una risposta evasiva |
482 |
narrativa |
18 novembre 1629 |
Milano |
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il governatore emana una grida in cui ordina le celebrazioni per la nascita dell'erede al trono |
483 |
descrittiva |
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Ambrogio Spinola |
giudizio severo sul governatore di Milano, Ambrogio Spinola |
484 |
descrittiva |
stesso periodo |
Milano |
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rifiuto della popolazione e delle autorità di credere al contagio |
485 |
narrativa |
stesso periodo |
stesso luogo |
il cardinale Borromeo |
il cardinale prescrive ai parroci l'obbligo di raccomandare ai fedeli la denuncia dei casi sospetti |
486 |
narrativa |
stesso periodo |
stesso luogo |
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il tribunale della sanità chiede inutilmente la cooperazione, ma esso stesso agisce con lentezza |
487 |
narrativa |
23 novembre 1629 |
stesso luogo |
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il tribunale della sanità stende la grida delle tessere sanitarie decisa il 30 ottobre |
488 |
narrativa |
29 novembre 1629 |
stesso luogo |
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la grida delle tessere sanitarie viene pubblicata, quando la peste è già entrata a Milano |
489 |
narrativa |
22 ottobre o 22 novembre 1629 |
stesso luogo |
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un soldato italiano malato di peste entra a Milano e prende alloggio presso alcuni parenti a porta orientale |
490 |
narrativa |
giorni seguenti |
stesso luogo |
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il soldato si ammala, è ricoverato in ospedale e muore |
491 |
narrativa |
giorni seguenti |
stesso luogo |
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il tribunale della sanità sequestra la casa del soldato e fa bruciare gli oggetti da lui toccati; in ospedale si ammalano gli assistenti, ma il contagio è bloccato |
492 |
narrativa |
stesso periodo |
stesso luogo |
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molti abitanti della casa del soldato si ammalano e sono condotti al lazzaretto; alcuni muoiono |
493 |
narrativa |
dal novembre 1629 alla primavera del 1630 |
stesso luogo |
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oggetti del soldato non consegnati alle autorità contagiano diversi cittadini in varie zone della città; i casi però non vengono denunciati |
494 |
descrittiva |
stesso periodo |
stesso luogo |
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ira dei cittadini contro il tribunale della sanità e contro i medici convinti del contagio, in particolare contro Lodovico Settala |
495 |
descrittiva |
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autorità e prestigio del Settala |
496 |
narrativa |
un giorno imprecisato |
stesso luogo |
Lodovica Settala, folla |
la folla assale il Settala in visita ai suoi ammalati |
497 |
narrativa |
alcuni anni prima |
stesso luogo |
Lodovica Settala |
episodio della servetta fatta condannare come strega dal Settala |
498 |
narrativa descrittiva |
fine di marzo 1630 |
stesso luogo |
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aumentano i casi di malattie e morte in città; i medici che non credono al contagio parlano però di altre malattie |
499 |
narrativa |
stesso periodo |
stesso luogo |
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le autorità si impegnano a far rispettare gli ordini del tribunale della sanità |
500 |
narrativa |
stesso periodo |
stesso luogo |
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il tribunale della sanità chiede fondi ai decurioni |
501 |
narrativa |
stesso periodo |
stesso luogo |
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i decurioni acquisiscono denaro con prestiti e imposte e lo distribuiscono per l'emergenza |
502 |
descrittiva |
stesso periodo |
stesso luogo |
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difficoltà del lazzaretto |
503 |
narrativa |
stesso periodo |
stesso luogo |
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il tribunale della sanità e i decurioni affidano ai cappuccini la gestione del lazzaretto |
504 |
narrativa |
30 marzo 1630 |
stesso luogo |
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il cappuccino Felice Casati, coadiuvato da Michele Pozzobonelli, assume la direzione del lazzaretto |
505 |
narrativa descrittiva |
periodo successivo |
stesso luogo |
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aumento dei malati nel lazzaretto; arrivo di altri cappuccini; attività caritative, organizzative e mediche dei cappuccini |
506 |
descrittiva narrativa |
stesso periodo |
stesso luogo |
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diffusione della peste; anche il Settala e la sua famiglia si ammalano |
507 |
descrittiva |
stesso periodo |
stesso luogo |
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tra chi si è opposto all'idea del contagio si diffonde l'opinione che la peste sia opera di avvelenatori |
508 |
narrativa |
stesso periodo |
stesso luogo |
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si ricorda un dispacci del 1629 del re di Spagna in cui si segnalava la possibile presenza a Milano di quattro francesi avvelenatori |
509 |
narrativa |
17 maggio 1630 |
duomo di Milano |
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qualcuno crede di aver visto ungere un assito del duomo, ma i medici non riscontrano nessuna unzione; negativa impressione tra la popolazione |
510 |
narrativa |
18 maggio 1630 |
Milano |
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su muri e porte si scopre un untume giallastro, che viene bruciato; alcuni pensano a uno scherzo; molti credono a un'unzione |
511 |
narrativa |
21 maggio 1630 |
stesso luogo |
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il tribunale della sanità pubblica una grida che promette premi a chi denuncia gli untori |
512 |
narrativa |
periodo successivo |
stesso luogo |
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diverse opinioni su chi abbia ordinato quelle unzioni; pochi continuano a credere che la peste ci sia |
513 |
narrativa |
una delle feste di Pentecoste |
cimitero di san Gregorio a Milano |
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durante la processione il tribunale della sanità fa portare un carro coi cadaveri di un'intera famiglia uccisa dalla peste |
514 |
descrittiva |
periodo intero della peste |
stesso luogo |
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trasformazione delle opinioni circa la peste |